Comunicare decisioni difficili con empatia: il potere del perché
Oggi ti racconto una piccola storia quotidiana, di quelle che sembrano normali… finché non scatenano un effetto domino di pensieri, ricordi e domande esistenziali (tranquilla, niente crisi mistica!).
Tutto è cominciato mentre andavo a prendere mio figlio a scuola.
Una scena tenera, un saluto tra bambini, e poi—zac!—un flash della mia infanzia, un nodo allo stomaco, e una riflessione su quanto sia importante spiegare le cose, anche (e soprattutto) quando sono scomode.
Se ti è mai capitato di non capire il motivo di una decisione, o di doverne prendere una difficile senza sapere come comunicarla… questo episodio è per te.
🧩 La storia: un saluto tra bambini, una scintilla nella mia testa
La scorsa settimana sono andata a prendere mio figlio a scuola. Un momento semplice, pieno di voci, zainetti colorati e abbracci. Ma con un retrogusto dolceamaro.
Si avvicina un grande cambiamento: l’inizio della scuola materna.
Alcuni suoi amichetti andranno in istituti diversi. E tra questi… anche il suo migliore amico.
Già solo a scriverlo mi si stringe un po’ il cuore. Non tanto per me, ma per lui.
Le maestre, che stimo molto, hanno cominciato (giustamente) a farli interagire un po’ meno, per prepararli. Ma dentro di me, si è accesa una scintilla. O forse… un cortocircuito emotivo.

🧠 Il ricordo: quando ero io la bambina separata
In un attimo sono tornata bambina.
Anche io avevo una migliore amica ed eravamo inseparabili. Vivevamo a pochi passi l’una dall’altra. Insieme eravamo un uragano. Ma… ogni anno ci mettevano in classi diverse. Sempre.
Non perché cambiavamo scuola, ma perché insieme eravamo “troppo”.
Durante la ricreazione ci cercavamo come calamite. E sì, qualche marachella la combinavamo. Ma all’epoca, per me, era solo sofferenza.
Mi sembrava un’ingiustizia. Qualcuno decideva per noi, non potevo fare nulla. E nessuno—ma proprio nessuno—ci spiegava perché.
Solo anni dopo ho capito che il problema non era la decisione, ma la mancanza di una spiegazione. Nessuno aveva piantato in noi quel piccolo seme della consapevolezza.
🌱 La riflessione: non è il “cosa”, è il “perché”
Crescendo, ho imparato che spesso non è quello che ci succede a ferirci, ma il fatto che non ne capiamo il senso.
Vale da bambini… ma vale tantissimo anche da adulti.
Quante volte ti è successo di ricevere un “no” sul lavoro, un cambiamento improvviso, una decisione difficile da digerire—senza una vera spiegazione?
E quante volte siamo proprio noi a fare lo stesso: decidere qualcosa, ma non comunicarlo nel modo giusto?
🧭 Dal cortile di scuola all’ufficio (e non solo)
Succede in azienda, in famiglia, tra amici.
Quante volte ti è capitato che venisse presa una decisione, subito dopo smentita da un cambio rotta improvviso, oppure ricevere un “no”… ma senza una spiegazione.
E tu ti ritrovi a brancolare, a pensare di aver sbagliato, a immaginare mille scenari.
Prendere decisioni è inevitabile. Ma spiegare perché si è presa quella decisione è una scelta. E spesso, è la differenza tra costruire fiducia… o alimentare confusione.
Non dobbiamo essere tutti d’accordo con una scelta per accettarla.
Ma comprenderne il contesto ci aiuta a farla nostra, a crescere, e anche a costruire relazioni più sane.
🛠 Azioni concrete: come possiamo comunicare meglio?
Ok, bella riflessione. Ma quindi, che facciamo nella pratica?
Ecco 4 modi concreti per comunicare in modo più empatico ed efficace, anche nelle situazioni più spinose:
1. Spiega, anche se fa paura
A volte evitiamo di spiegare perché temiamo fraintendimenti o conflitti. Ma il silenzio, spesso, crea più problemi della parola.
Un trucco utile? Anticipare:
“Non vorrei essere fraintesa, quindi provo a spiegarti bene cosa intendo. Poi, se hai dubbi, chiedi pure!”
quindi aprire ad eventuali domande e accertarsi che il nostro audience ci abbia capito.
2. Non dire tutto, ma di’ qualcosa
Non sempre possiamo condividere ogni dettaglio, ma possiamo dire quel tanto che basta per creare contesto.
“Alcune informazioni sono riservate, ma voglio spiegarti il senso di questa scelta.”
Una frase semplice che può cambiare tutto. Infatti spesso non interessano i dettagli di ogni singola motivazione, ma ciò che impatta direttamente l’interlocutore sì.
3. Mettiti nei panni di chi ascolta
Quando non sai da dove iniziare, chiediti: Come vorrei ricevere io questa informazione? In che tono? Con quali parole?
Pensare all’altro aiuta ad abbassare le difese e scegliere le parole giuste.
4. Invita a riflettere, non a reagire
Un “no” o un feedback negativo fanno male, sì. Ma possiamo trasformarli in stimoli di crescita. Possiamo chiedere un contributo, invitare a trovare delle soluzioni alternative a cui non si era pensato. Impostare la risposta in maniera costruttiva, evolutiva.
“Capisco che possa non piacere, ma vorrei sentire il tuo punto di vista. Magari troviamo insieme un’alternativa.”
💡 Il punto è: piantare un seme, anche piccolo
Alla me bambina, una spiegazione forse non sarebbe andata giù subito. Anzi, ne sono sicura. Ma forse… avrebbe piantato un piccolo seme.
Un seme che, con il tempo, sarebbe cresciuto in una comprensione più profonda e accelerando alcune consapevolezze..
Forse avrei capito prima che l’amicizia vera non ha bisogno di stare sempre nella stessa classe.
Forse avrei imparato prima a chiedere “perché?” invece di arrabbiarmi.
E oggi, quel seme possiamo piantarlo noi, negli altri.
Con una parola in più. Una frase detta meglio. Una decisione condivisa con più cura.
🧡 Chiusura: domanda per te
La scuola, i figli, i ricordi… tutto ci riporta lì: al bisogno di capire.
E allora, forse la vera responsabilità non è prendere decisioni perfette, ma scegliere di spiegare il perché.
👉 La prossima volta che ti trovi a fare una scelta importante, chiediti:
Sto piantando un seme… o sto lasciando solo una ferita?
Grazie per avermi ascoltata (o letta!) fino a qui.
Ci sentiamo nel prossimo episodio – e nel frattempo, ricordati di spiegare, anche solo un pochino. Qualcuno, un giorno, potrebbe ringraziarti per quel semino.
🎧 A presto!
Eleonora
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